Panfilo Del Beato
Panfilo Del Beato, figlio di Antonio e Anna De Panfilis, nasce a Sulmona l’undici maggio del 1890. Ragazzino sveglio e perpiscace dimostra subito una predisposizione innata per il disegno e la pittura. Ad appena otto anni, diluendo in vario modo l’inchiostro di china contenuto in una boccetta, realizza il suo primo quadro raffigurante un paesaggio olandese con una serie di mulini a vento. Il suo carattere ribelle ed amante della giustizia, gli procureranno non pochi fastidi. Alcuni li riportiamo così come narratici.
Veniva al mercato, con il suo banchetto, un signore che vendeva le polveri colorate. Polveri che opportunamente mescolate servivano per dipingere. mio padre, allora poco più che undicenne soleva acquistarle. Dette polveri venivano vendute usando come misura il semiguscio di una noce. Chiaramente era sempre oggetto di discussione la quantità di polvere che esso poteva contenere: un guscio raso era la giusta misura, ma il gentiluomo, trovandosi di fronte un bambino, pensò di approfittarne non mettendo la giusta quantità di polvere nel guscio, cosa che aveva fatto invece con un signore che aveva preceduto mio padre. Alle rimostranze del mio futuro genitore il commerciante giustificò la mancanza di polvere dicendo che era la quantità giusta per un ragazzo, pur cercando lo stesso prezzo. Non finì di dare questa assurda spiegazione che mio padre con un paio di calci fece volare baracca e colori.
Il venditore che voleva farsi rimborsare del danno subito ,da mio nonno, dovette attendere che mio padre, con una scusa fosse allontanato altrimenti sarebbe finita anche peggio, ma da quel momento in poi stette ben attento a non fare il furbo.
Il suo impegno scolastico, allorchè, superate le scuole elementari, iniziò le superiori, (allora esistevano le tre classi delle scuole di avviamento), non era decisamente entusiasmante.A causa della sua condotta, non proprio irreprensibile, fece si che , allora non esistevano esami di riparazione,( se in una qualche materia non si eccelleva superando la fatidica sufficienza, si ripeteva l’anno scolastico con particolare ed unico riguardo per le materie o la materia che non era stata superata) fosse costretto suo malgrado, vuoi per il francese, o geografia, o storia, eccezion fatta per disegno, educazione fisica , Italiano e matematica in cui eccelleva , a ripetere sia la prima che la seconda oltre che la terza avviamento. Cosa questa che il sottoscritto apprese di bel bello il giorno in cui, bocciato a causa della sua condotta ( tale padre tale figlio), riferiva appunto al suo genitore l’esito dello scrutinio finale relativo alla sua frequenza del primo anno di ragioneria.
Pur essendo molto contrariato e dispiaciuto, egli vedendomi veramente afflitto, per un esito che non prevedevo, mi disse : “ Non te la prendere anche io ho frequentato due volte la prima , due volte la seconda e due volte la terza avviamento. L’anno prossimo andrà senz’altro meglio”. Inoltre mi raccontò che aveva rischiato di essere espulso da tutte le scuole del regno dal momento che preso dall’ira per una ingiustizia subita aveva lanciato il calamaio pieno di inchiostro al professore. Non solo, ma non contento, incavolatissimo, era rimasto tre giorni appostato sotto il portone di casa di quest’ultimo per completare l’opera ,visto che il lancio aveva solo fatto cambiare colore alla carta geografia appesa dietro la scrivania. Ci vollero tutte le buone parole di amici e conoscenti , oltre le scuse del professore e il ritiro della denuncia perchè lui abbandonasse i propositi di vendetta.
Finite le scuole, ecco l’arrivo dei primi concorsi per l’esattezza in ferrovia. Così che all’età di dicannove anni ( 1909) vince il concorso e viene nominato capostazione aggiunto e mandato in una piccola stazione del sud in provincia di Reggio Calabria( omettiamo il nome pur conoscendolo). Da li, lui donnaiolo impenitente, oltre che ottimo suonatore di chitarra e di vari strumenti, fu costretto ad una fuga ( non fu ne la prima ne l’ultima della sua vita) dal momento che, assediato da una corte feroce da parte della figlia del capostazione, dopo aver evidentemente in qualche modo ceduto capì che la cosa migliore era andar via onde evitare eventuali matrimoni riparatori e/o vendette di clan calabresi. Nel 1913, con la canzone “Occhi belli” ottiene un meritato premio alla ed. di Piedigrotta a Napoli, canzone che fu suonata da tutti i pianini dell’epoca ( la radio non ancora c’era) così anche altre sue canzoni furono suonate da diverse orchestre.
Ed eccoci al 1915 con lo scoppio della prima guerra mondiale.
Concesse a turno alcune licenze a quei ragazzi, spiegando loro che se non avessero fatto ritorno, avrebbero condannato i loro compagni a non poter usufruire di licenze, ma tutti si comportarono egregiamente.
Quando ci si rese conto che l’insieme dei suonatori era abbastanza accordato, una sera si esibirono alla grande. E la sorpresa più bella fu quella di ricevere gli applausi da parte degli austriaci schierati loro di fronte.
Durante la micidiale e sfortunata ritirata di Caporetto, fu colto da una forma di calcoli renali e per questo ricoverato in ospedale militare. Nel nosocomio , ristabilitosi quel tanto che gli permetteva di stare in piedi, incominciò , per passare i giorni della convalescenza a far divertire i soldati feriti , con dei mini spettacoli improvvisati di giochi di prestigio con le carte, con canzoni ecc. La cosa fu riportata al generale Semeria, che gli ordinò di organizzarsi per portare quei piccoli spettacoli, in giro lungo le linee del fronte per sollevare l’animo dei combattenti , dandogli carta bianca per spese di attrezzatura e concedendogli anche il permesso di farsi accompagnare da una o più ragazze. Cominciò così la sua carriera di prestigiatore, e melodista di vari strumenti quali: la campanelliera, i bicchieri, la bottigliera( strumento autocostruito), il vibrafono, Infatti finita la guerra, prese a girare i teatri dell’epoca con il nome di “SID”. Il suo ingresso in scena era in programma come ultimo spettacolo della serata, praticamente il più atteso. E Lui si esibiva , vestito da pierrot, suonando appunto i strumenti descritti ,facendo giochi di prestigio, coadiuvato da una cantante. Molti giochi di prestigio erano di sua esclusiva invenzione. A tempo perso, si fa per dire, era ospite di ricche famiglie dove eseguiva il ritratto di qualche familiare ( con spesso fughe casanoviane per evitare rappresaglie di mariti gelosi).
Aveva anche il dono della divinazione sapendo leggere la mano.
Conservo ancora una lettera di una donna molto ricca, che essendo di religione musulmana aveva stampato, dopo averla inchiostrata di rosso la sua mano su un foglio. Quando poi da sposato andava con la mamma in villeggiatura a Rimini , ritornava dalla spiaggia con un canestro pieno di baci perugina, essendo questo il prezzo simbolico richiesto per la lettura della mano.
Finita la sua carriera da artista, grazie alle insistenze di suo padre , Antonio, che in ogni lettera gli ricordava che poteva stare tranquillamente a casa a mandare avanti il negozio con annessa rivendita di vino di produzione propria ritornò . Per banali motivi la sua storia d’ amore con la fidanzata storica Assunta era finita, ed eccolo che si preparava a partire al seguito di suo zio materno: Tommaso alla volta dell’America, dove a detta dello zio, con le sue qualità di pittore finissimo avrebbe certamente fatto fortuna. In Italia a guerra finita, c’era una grande depressione e soldi ne giravano ben pochi. Ma....
Ma la pettinatrice di nonna Anna, era anche la stessa che curava i capelli della signora Nebolini Maria , vedova del Barone Vincenzo Corvi risposatasi in seguito con il sig Giuseppe De Panfilis, ex fattore del Barone stesso, che aveva avuto dal barone diversi figlioli la cui prima figlia, Amalia, nata nell’ottobre del 1901, era un gran bella e gentile ragazza . La pettinatrice divenne una preziosa sensale e fece si che i ragazzi si conoscessero. e convolassero in seguito, il 19 marzo del 1921, a nozze.
Svanito il sogno americano , ma sposato con la baronessina AMALIA Maria CORVI.
Si dedicò alla cura del patrimonio acquisito con il matrimonio e contemporaneamente alla sue più veraci inclinazioni : la PITTURA, dove nel campo ritrattistico, paesaggistico e in special modo nell’acquerello raggiunse vette difficilmente raggiungibili, cosi come dimostrano gli articoli dei giornali a lui dedicati. Ebbe molti allievi, alcuni dei quali divenuti famosi come Littorio Del Signore che opera e dipinge in Canada. Alla MUSICA ed alla POESIA : suo è il poema in endecasillabi “ RENATO DI MONTALTO CHIARO”. Famosi i suoi presepi allestiti nelle chiese cittadine ed in particolare quello di oltre 400 metri quadri realizzato presso l’allora Teatro Caracciolo che era sito in Piazza XX Settembre in Sulmona distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale ( vedi foto).Nel campo musicale molte e svariate le sue canzoni in lingua. Mentre le sue canzoni con versi dialettali compaiono tutte nella commedia “ FUNTANE ANTICHE” , (creata ad hoc per questo scopo da suo figlio Antonio in occasione della ricorrenza del 25° dalla sua morte), che contiene anche le sue farse dialettali “ Lu viagge de Cusimille alla Casa Sante”- “L’Addusime” - “Le giostre ‘n piazze”. I suoi quadri e ritratti sono sparsi in quasi tutto il mondo: Francia, America, Germania, ecc.
Eseguì due ritratti di Farah Diba seconda moglie dello Scia di Persia “Reza Palhevi”., uno consegnato l’altro purtroppo no a seguito della detronizzazione dello Scià e ultimo il ritratto di Bruno, figlio dell’allora in carica Presidente della Repubblica Italiana “ Giovanni Leone”.
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Ritratto dell'Imperatrice Farah Diba " foto fornita dall'Ambasciata Iraniana in Italia". |
Ha continuato la Sua arte a partire dal 05 Dicembre 1972 nella sua nuova abitazione celeste, dove sicuramente avrà effigiato, con le sue tinte delicate ,il vero volto della Santa Vergine, da lui ritratta, allorchè artista terreno in un bellissimo e struggente quadro, a capo chino con lo sfondo del Golgota e una lacrima che scende sul viso.
Nel blog a seguire oltre alle foto, posteremo, tutte le sue poesie, sia in lingua che in dialetto, tutta una serie di foto di quadri da lui eseguiti di cui abbiamo ricordi fotografici o diretta possidenza.
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